L'Italia tre mesi fa aveva si qualche problema, ma tutto sommato i nostri governanti pensavano che un po' l'aiuto della BCE (comprare i titoli di stato sul mercato secondario), un po' qualche taglio ai ministeri, alla fine ce la saremmo cavata.
Ora della Spagna non si parla quasi più, mentre in Europa (e nel mondo) non ci si fida più della capacità del nostro paese di mantenere gli impegni, e ci hanno affibbiato il "monitoraggio" del FMI oltre che quello della Commissione europea.
Questo la dice lunga sulla credibilità del governo italiano.
Ma in ogni caso le ricette del Fondo Monetario Internazionale non saranno né positive per l'economia, né risolutive della crisi.
Sfido a trovare una sola volta al mondo dove l'intervento del FMI abbia creato le premesse per lo sviluppo e non abbia portato recessione e miseria.
E l'Europa, così come l'avevamo immaginata e voluta negli anni scorsi (il luogo dell'incontro dei popoli e delle culture, il grande continente che fa avvicinare gli altri tra di loro, il segno della storia contro i nazionalismi del XX secolo), non esiste più, non è mai esistita.
Senza l'euro l'Italia averebbe pagato le sue debolezze intrinseche (più politiche e civili, oltre che del debito pubblico), e chissà quante volte sarebbe passata da crisi come quella della Russia del 1998 e dell'Argentina del 1999.
Però bisogna uscire dal piccolo cabotaggio dei singoli stati (governi) che abbiamo visto questi anni, frutto di egoismi, incapacità, elettoralismi corporativi.
Dobbiamo risolvere la grande contraddizione europea di questi anni (che è anche contraddizione planetaria): avere un economia mondiale e forze economico-finanziarie globalizzate, e una rappresentanza democratica ancora nazionale, che non può far fronte al potere sovranazionale delle prime.
E' necessario presentare un programma di integrazione economica e politica, creare istituzioni elettive di governo dotate di rappresentatività sovranazionale, ripensare la spesa pubblica per mantenere lo stato sociale (soprattutto la qualità e il fine degli investimenti pubblici), liberalizzare l'economia e le professioni, spendere in cultura e ricerca, innovare l'economia per non sprecare risorse e rientrare dal debito pubblico.
E bisogna fare presto.
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